martedì 19 aprile 2016

Se hai sangue RH negativo discendi dai Nephilim








E’ possibile, come alcuni ricercatori sostengono, che il sangue Rh negativo sia collegato alla antica discendenza deiNephilim, i biblici “angeli caduti”?


Creazione

A voi può sembrare molto strano. ma alcuni ricercatori ritengono che il sangue RH negativo, un fattore così strano e misterioso, sia una traccia nel DNA umano degli antichi Dei, gli “angeli caduti” della Bibbia ed altri antichi testi, i Nephilim, una razza parallela al genere umano. Secondo questa teoria, questo gruppo sanguigno enigmatico e un po’ raro può indicare i tratti non umani nel patrimonio genetico, significa in pratica che ilsangue RH negativo è un po’ diverso da quello del DNA convenzionale dell’homo sapiens. Il ricercatore Robert Spehr fornisce ulteriori indicazioni circa l’enigma del Rh negativo: “Ci sono 612 specie di primati e sottospecie riconosciute dal IUCN e non hanno sangue RH negativo”. Secondo Sepehr, se l’umanità si fosse evoluta dal medesimo antenato africano, il loro sangue sarebbe compatibile, ma non è così, ci sono varie possibili combinazioni di compatibilità del sangue dell’essere umano (vedi tabella). Esistono vari tipi di sangue, i più comuni sono: 0+ (38%), A+ (34%) e B+ (9%), i più rari sono: AB- (1%), B- (2%), AB+ (3%). Da notare che l’84% di tutti gli esseri umani hanno sangue RH positivo, ma, stranamente, tutte le famiglie reali o di potere hanno sangue RH negativo. Da ricordare che il fattore RH nel sangue, o fattore Rhesus, è stato scoperto nel 1940 da Karl Landsteiner e Alexander S. Wiener esaminando i globuli rossi di una specie di primati, i Macacus Rhesus.

Ma chi erano i Nephilim? Secondo varie interpretazioni, la parola di origine ebraica è stata tradotta in “caduti” o “angeli caduti” o “giganti” Secondo la radice della parola aramaica “naphil”, la traduzione corretta dovrebbe essere “giganti”, ma nella stessa lingua aramaica esiste la parola “AWS” (nephila) che indica la costellazione di Orione e molti studiosi ritengono che la radice “nephil” si riferisce proprio a Orione e che “nephilim” ne sia il plurale (abitanti di Orione??). I Nephilim sono citati in vari testi antichi, tra cui anche la Bibbia. Secondo questi testi, l’appellativo Nephilim si riferisce ad un popolo creato dall’incrocio tra i “figli di Dio” (più probabilmente “degli Dei” traducendo l’ebraico “bnei ha-elohim”) e le “figlie degli uomini”. In Genesi 6 si legge: “1 Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro delle figlie,; 2. i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli a loro scelta; 3 Allora il Signore disse: “Il mio spirito non resterà sempre nell’uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni”; 4 C’erano sulla terra i giganti a quei tempi – e anche dopo -, quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi”.

Oggi, ci sono numerosi tratti enigmatici collegati a questo raro tipo di sangue e ci sono molte domande cui i ricercatori come Spehr stanno cercando di rispondere. Da dove proviene il sangue RH negativo? E ‘possibile che, come una teoria ipotizza, l’umanità non è una razza ma una specie ibrida? Altri teorici che condividono la teoria di Spehr credono che ci siano alcuni tratti che caratterizzano gli esseri umani con sangue RH negativo: QI più alto, sensibilità, temperatura corporea più bassa, pressione sanguigna più alta, aumento dell’incidenza di capacità psichiche / intuitive, occhi prevalentemente di colore blu, verde, o nocciola, capelli rossi o rossastri, pronunciata sensibilità al calore e alla luce solare e, in alcuni casi, una vertebra supplementare.

Che effetto vi fa sapere, voi che avete sangue RH negativo, che probabilmente discendete dagli “angeli caduti” o Dei celesti? Forse non saranno i Nephilim, ma che un’altra specie (extraterrestre?) si è mischiata agli umani è una teoria fortemente supportata da molti riscontri, ma di questo, forse, non avremo mai la certezza.


Tabella compatibilità sangue

domenica 10 aprile 2016

Riscrivere la Storia, Schoch e Hancock ci provano ancora
La Storia non è quella che abbiamo studiato a scuola, i nostri libri sono ormai superati e anche le nostre più profonde convinzioni legate al passato vanno riviste. Sono i capisaldi del pensiero di una schiera di ricercatori, sempre più convinti che l’umanità abbia radici lontanissime. Per loro, lo splendore artistico dei Sumeri e la perfezione dei monumenti della piana di Giza sono il punto di arrivo- non quello di partenza. Molto tempo prima, in altre aree del mondo, sarebbe esistita una civiltà evoluta di cui sono rimaste pochissime tracce. E ora vogliono trovare ulteriori prove a sostegno della loro teoria.




IL GEOLOGO ROBERT SCHOCH
A suonare la riscossa è il geologo Robert Schoch, non nuovo ad affermazioni che hanno sconvolto l’establishment accademico. Negli anni ’90 del secolo scorso, proprio lui ha sostenuto che la Grande Sfinge egiziana non può essere stata costruita nel 2500 a.C. come dicono gli egittologi. I segni verticali di erosione sui lati del basamento dimostrano, a suo dire, la presenza di pioggia, intensa e prolungata per decenni. Ma negli ultimi 5 mila anni, il clima di Giza è sempre stato lo stesso- caldo e arido. Per trovare intense precipitazioni bisogna andare indietro nel tempo, alla fine dell’Era Glaciale. Ecco, per Schoch la Sfinge è stata costruita allora. Quando invece, per tutti gli storici, a quei tempi l’Uomo al massimo costruiva piccoli idoli di pietra e disegnava scene di caccia nelle grotte, niente più.
Insomma, idee che stravolgono l’ordine prestabilito e soprattutto quel concetto di evoluzione lineare tanto caro agli studiosi tradizionali. No, per Schoch e per gli altri come lui, la Storia procede in modo decisamente irregolare: grandi avanzamenti tecnologici sarebbero spesso seguiti da improvvisi crolli in cui tutto o quasi va perso e così le conoscenze svaniscono, per essere poi “riscoperte”, dopo secoli di buio. Una teoria interessante, ma che va dimostrata: bisogna esibire prove assolutamente inequivocabili, produrre nuove ricerche con basi scientifiche, esaminare fonti e siti, organizzare altri scavi.
Anche per questo è nato ORACUL, acronimo di Organization for the Research of Ancient Cultures , un’organizzazione no-profit il cui scopo dichiarato è studiare le antiche culture e il remoto passato ad oggi sconosciuto dell’Umanità. “Il dibattito che circonda le origini della civiltà è ancora lontano dall’essere risolto”, scrive il geologo nella pagina di presentazione del progetto. “La ricerca indipendente condotta da studiosi e professionisti nel campo delle scienze naturali ha incominciato a mettere in dubbio il racconto comunemente accettato dell’inizio della civiltà.


IL SITO DI GOBEKLI TEPE RISALIREBBE AL 10 MILA A.C.
Oggi, esiste un grande numero di prove provenienti da miriadi di campi che inducono in modo convincente a rivedere quel racconto, portando indietro di migliaia di anni la cronologia di una cultura avanzata. Osteggiati da molti studiosi ortodossi, i cui interessi sono serviti a mantenere lo status quo, gli scienziati e i professionisti coscienziosi che tentano di attirare l’attenzione su queste prove controcorrente sono spesso ignorati e ridicolizzati. Messa in difficoltà dalla mancanza di fondi, pubblicità, collegamenti, questa ricerca innovativa riguardo le antiche culture continua a languire in una relativa oscurità”, si lamenta Robert Schoch.
Ecco dunque la sua iniziativa, il cui scopo principale è raccogliere denaro e dare visibilità agli sforzi condotti dai ricercatori come lui. “ORACUL lavora per portare queste ricerche all’attenzione sia della comunità accademica che del pubblico oltre che per condurre nuove indagini sulle antiche culture. Tale ricerca pionieristica coinvolge non solo le scienze naturali, ma anche le opinioni serie e fuori dal coro in altre discipline. Raggiungerà il suo scopo focalizzandosi su tre primarie aree di attività: promozione della ricerca, pubblicazioni e attività formativa.”
Ma cosa è successo, a questa presunta civiltà che si è sviluppata in epoche lontane e alla quale nessuno storico dà credibilità? Sarebbe stata cancellata da un cataclisma di dimensioni globali, un disastro su scala planetaria che avrebbe letteralmente spazzato via quelle evolute città e i suoi abitanti. I pochi sopravvissuti avrebbero lasciato le loro terre devastate, spargendosi nei vari continenti e mescolandosi con popolazioni più primitive, alle quali avrebbero insegnato le loro conoscenze. Vi suona come qualcosa di già sentito? Effettivamente, è così: molte leggende di diversi popoli raccontano di civilizzatori arrivati da lontano, esseri superiori dotati di grande sapere, e di una catastrofe che distrusse il mondo. E ci costrinse a ripartire da zero.


GRAHAM HANCOCK A GOBEKLI TEPE
Lo sostiene nel suo ultimo libro “Il ritorno degli Dei” anche lo scrittore Graham Hancock. Pone come data cruciale il 12.800 a.C., epoca in cui alcuni geologi (contestati, tuttavia, dai loro stessi colleghi) collocano l’impatto sulla Terra di uno sciame cometario. Il Nord America, l’Europa e il Medio oriente furono colpiti da quegli enormi frammenti, del diametro di alcuni chilometri, che provocarono lo scioglimento improvviso dei ghiacci, con conseguente innalzamento dei livelli dei mari e terribili inondazioni. Ma non solo: la polvere sollevata dagli impatti e la cenere degli incendi creò una spessa coltre che oscurò a lungo il Sole, causando un drastico calo delle temperature. Questa fase geologica nota come Dryas Recente avrebbe segnato la repentina scomparsa di quella civiltà fiorita nei millenni precedenti e messo a rischio la sopravvivenza stessa della specie umana.
Il libro è come un viaggio attorno al mondo: l’autore ci porta con sé da Gobekli Tepe, in Turchia, a Gunung Padang, in Indonesia; da Baalbeek, in Libano, fino alle rovine megalitiche di Bolivia e Perù. Testimonianze dirette, secondo Hanckock, di quella civiltà misconosciuta, tracce evidenti di un passato remoto che abbiamo dimenticato. Quell’amnesia collettiva, dice, ha portato gli archeologi ad attribuire, erroneamente, quei monumenti straordinari ai popoli che sono arrivati in realtà molti secoli dopo, in epoche ormai storiche. Insomma, gli antichi li avrebbero trovati già lì, splendidi e misteriosi anche ai loro tempi.


LA TERRA DURANTE IL DRYAS RECENTE, TERMINATO NEL 9600 A.C.
Incredibile? Per l’autore, no. Se un simile disastro si ripetesse ora- e l’ipotesi per lui non è così peregrina- la nostra civiltà, così dipendente dalla tecnologia, subirebbe il tracollo. Al contrario, le tribù isolate dell’Amazzonia o della Micronesia, abituate a vivere con poco e a contatto con la natura, non avrebbero difficoltà a ripartire. Se sopravvivendo alla catastrofe arrivassimo fin lì e insegnassimo loro come perfezionare le tecniche di costruzione o come migliorare i raccolti, saremmo forse visti come esseri straordinari. Se poi raccontassimo di strumenti con i quali parlare a enorme distanza o di mezzi con i quali volare nel cielo, diventeremmo addirittura creature leggendarie. Ciò che sembra assurdo agli storici odierni, afferma Hancock, potrebbe essere veramente accaduto.

SABRINA PIERAGOSTINI